giovedì 17 dicembre 2015

Two weddings and a funeral

Cari omofobi,
il film che vi proponiamo oggi è del 2012, diretto dal regista Kim Jho Kwang-soo, per la prima volta su questo blog.

Si tratta di una commedia divertente, che come spesso capita, vira spesso verso il dramma, cambiando decisamente registro. La sua particolarità è che affronta un tema molto delicato: l'omosessualità nella società coreana contemporanea. Si tratta infatti del debutto al lungometraggio di un regista che è anche attivista LGBT e ha già sfornato tre corti molto apprezzati, sempre sul tema del rapporto tra coppie gay nella loro vita quotidiana. Potete trovare i suoi lavori precedenti nel blog tematico del nostro prolifico collaboratore Caprenne a questo indirizzo: caprenne.wordpress.com.

Abbiamo avuto altri film con personaggi gay in passato, basti pensare ad Antique (tradotto per noi da ela) o A frozen flower (tradotto per noi da ela), ma per la prima volta, si affronta di petto l'argomento dell'emarginazione sociale a cui sono sottoposte le coppie omosessuali in Corea e in gran parte dell'Asia. Matrimoni negati, diritti negati, montagne di bugie per non dover fare coming out e trascinare nel fango l'onore di tutta la famiglia davanti a una società che reagisce con ignoranza e spesso anche con violenza. Sembra di stare in Italia!

La trama è piuttosto semplice, ma efficace. Per poter avere un mutuo e un figlio adottivo, le due coppie sono costrette a una convivenza forzata, resa ancor più difficile da dei genitori invadenti. Una situazione surreale, che si presta a equivoci e gag esilaranti, ma che evidenzia anche l'assurdità di avere un'apparente normalità.

Nel cast non troviamo vecchie conoscenze, fatta eccezione per la protagonista femminile Ryu Hyun-kyung, che era nel cast di Manshin (tradotto per noi da Daesdemona, DeepWhite999 ela e Mac Guffin) e How to use guys with secret tips (tradotto per noi da ela) e Park Young-pyo che aveva una parte in Perfect number (tradotto per noi da ela).

TRAMA: La scena si apre sul matrimonio tra Min-soo (Kim Dong-yoon), un giovane medico e Hyo-jin (Ryu Hyun-kyung), una sua collega pediatra. Tutto sembra perfettamente normale, finché in una piazzola di sosta, si commette un terribile misfatto: la sposa Hyo-jin parte in viaggio di nozze con la sua compagna Seo-young (Jung Ae-yeon) e lo sposo Mon-soo parte col suo compagno Seok (Song Yong-jin). Entrambe le coppie cercano di trarre dei benefici dall'unione fittizia. Min-soo e Seok possono comprare una casa da nove miliardi di Won (circa quattrocento mila Euro) e Hyo-jin e Seo-young possono avere l'affidamento di un bambino. Per rendere la cosa ancora più credibile, le due coppie vanno a vivere in due case vicine, ma la famiglia di Min-soo si rivela piuttosto invadente e il castello di bugie costruito sul loro matrimonio fittizio, rischia di crollargli in testa...

Disponibile si Amazon in DVD e digital rent sub ENG.
Sottotitoli disponibili nel nostro fansub.
Buona visione.



venerdì 11 dicembre 2015

The royal tailor

Cari sarti,
il film di oggi è del 2014 e vede l'attesissimo ritorno del regista Lee won-suk, che ha esordito nel 2013 con How to use guys with secret tips (tradotto dalla nostra impagabile ela) e da allora ci ha lasciati in trepidante attesa del suo successivo lavoro. Attesa ripagata da un bellissimo film storico.

The royal Tailor, anche noto come Sanguiwon è un film che parla di una rivoluzione dimenticata. Sanguiwon è una parola antica e ormai in disuso, che indica un importante ufficio della corte della dinastia Joseon, che ha dominato l'attuale Corea per oltre cinque secoli, e che si occupava esclusivamente dell'abbigliamento reale.

La scena si apre su una conferenza stampa in tempi attuali, che presenta al mondo un'importante scoperta archeologica: un bellissimo vestito femminile da cerimonia, realizzato nel tardo 1300 da Jo Dol-seok, sarto reale.

La vicenda è molto intricata e le apparenze, naturalmente, ingannano. Infatti il sarto Dol-seok ha sostenuto una battaglia all'ultimo abito con un altro talentuoso sarto chiamato Lee Gong-jin, giovane e sfrontato genio nel suo settore, che rompendo tutte le rigidissime regole di corte, ha proposto una nuova moda, inventando nuovi stili, forme, tessuti e colori. I due antagonisti sono costretti a una collaborazione forzata, quando i ministri ottengono dal re la grazia di un nuovo guardaroba e cedendo alla vanità, si rivolgono a colui che con la sua audacia aveva già stregato tutti nella capitale. Dopo gli attriti iniziali, tra i due sembra nascere una strana amicizia, che la rivista americana Variety paragona al rapporto Mozart/Salieri.

Tuttavia il re appena salito al trono dopo la morte di suo fratello, è un personaggio controverso. Accecato dal potere, trascura la sua bella moglie per darsi alla pazza gioia con le cortigiane. Ma il vicino impero cinese della dinastia Qing, ritiene illegittimo il nuovo sovrano, in quanto figlio del re padre con una domestica e il fatto che costui non sembri essere intenzionato ad avere un erede, non aiuta la sua posizione. Presto, i commissari del vicino impero, potrebbero irrompere a corte per mettere in discussione la famiglia regnante.

Dietro pressione del consiglio e in particolare del primo ministro, al re viene chiesto di convolare a nozze, ma lui non sembra voler sposare l'attuale regina (per la quale nutre una morbosa ossessione) e nemmeno destituirla, scegliendo tra le concubine.

Quando la figlia del ministro della difesa cerca di fare colpo su di lui, indossando uno sfarzoso abito realizzato su misura dal giovane sarto Gong-jin, la regina corre ai ripari commissionando un abito ancora più bello. Inizia così una guerra tra le spasimanti rivali a colpi di abiti seducenti.

Questa guerra neanche troppo metaforica, ci porta a momenti estremamente drammatici, senza rinunciare all'ironia che ci si aspettava dal regista dopo aver visto il suo film d'esordio.

La ricostruzione storica è impeccabile, il palazzo è perfetto nei minimi dettagli, così le cerimonie e addirittura le composizioni del cibo e dei fiori, ma quello che ha fatto tremare le casse dei produttori, sono stati, naturalmente, gli abiti. Oltre mille modelli diversi di abiti tradizionali Hanbok, sono stati realizzati su misura per attori e comparse e la sola regina (interpretata da Park Shin-hye) ne ha indossati trenta!

Tra gli interpreti, il grande Han Suk-kyu, che torna ad indossare i panni di un nobile della dinastia Joseon come in Forbidden quest (tradotto per noi da ela) e Ma Dong-seok, che ricorderete nel cast di Pained (tradotto per noi da DeepWhite999), Nameless Gangster: Rules of the Time (tradotto per noi da Scodazzi), The Neighbor (tradotto per noi da Daesdemona) e One on One (tradotto per noi da ela e DeepWhite999).

Un'altra fantastica traduzione a cura della nostra impagabile ela!

TRAMA: Jo Dol-seok (Han Suk-kyu) è il sarto di corte da trent'anni. Nella sua lunga carriera ha servito tre monarchi e nonostante le sue umili origini, presto potrebbe diventare un nobile. Ma il coronamento della sua carriera, è minacciato dall'arrivo a corte del giovane Lee Gong-jin (Go Soo), sarto alla moda nella capitale. Tra il re e la regina le cose non vanno molto bene e per convincere il re a scegliere la sua sposa, le cortigiane e la regina stessa, cercano di sedurlo commissionando al nuovo sarto abiti sempre più appariscenti. Ma gli affari di cuore nelle corti reali, non sono cosa di poco conto e questa strana guerra rischia di avere conseguenze drammatiche...

Disponibile su Amazon in DVD sub Eng
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Buona visione.

sabato 18 luglio 2015

Monster

Cari mostri,
il film che vi presentiamo oggi è del 2014 ed è l'attesissimo ritorno di Hwang In-ho, il regista di Spellbound, che vi abbiamo tradotto la settimana scorsa.

Anche questa volta, l'idea che ormai sta diventando una sorta di firma dell'autore/regista, è di fondere due generi opposti. Se il film precedente era in equilibrio perfetto tra una Commedia romantica e un Horror, questo film è a metà tra una Commedia e un Thriller mozzafiato.

Può sembrare una forzatura, ma l'effetto finale è grottesco e brillante. Il film è imprevedibile anche per chi come noi si è fatto scorpacciate di Thriller e conosce già quelle che sono, per così dire, le scelte obbligate di questo genere.

Nel ruolo del protagonista, Hwang ci mette di nuovo il bel Lee Min-ki che dimostra di essere anche molto bravo. Abbandona il suo registro scherzoso e il ruolo da bello e impossibile, per diventare uno spietato maniaco. Un sadico, della cui freddezza gli uomini senza scrupoli si approfittano per concludere i loro loschi affari. Insomma, un mostro.

Contro di lui, la bella Kim Go-eun, giovanissima attrice alla sua terza pellicola. Il suo ruolo sfiora la macchietta, ma lei riesce a non essere mai banale.

Come sempre, il grazie più grande va alla nostra eroica ela, che ci regala anche questa attesissima traduzione, nonostante il caldo record di questi giorni. Sempre impagabile!

TRAMA: Bok-Soon (Kim Go-eun) è una giovane venditrice di ortaggi nel mercatino locale. E' conosciuta come "La pazza" del villaggio, perché un po' ritardata, ma soprattutto per la sua incapacità di controllare la sua ira quando subisce un torto. Tae-soo (Lee Min-ki) le fa il torto più grande, uccidendole la sorella maggiore per proteggere l'onore di un ricco imprenditore senza scrupoli. Tra i due inizia una caccia reciproca senza esclusione di colpi...

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Buona visione.

martedì 7 aprile 2015

Manshin: Ten Thousand Spirits

Cari sciamani, 
il film di oggi è del 2013, per la regia di Park Chan-kyong, classe 65, al suo terzo lungometraggio come regista e fratello del più famoso Chan-wook. Approda per la prima volta su questo blog, con un film molto particolare, che siamo fieri di presentarvi.

Si tratta del film di chiusura della nostra rassegna dedicata alla piccola Kim Sae-ron, che in questi ultimi mesi ci ha accompagnati attraverso un percorso abbastanza variegato, tra thriller mozzafiato (Manhole, The neighbor, The man from nowhere), drammoni strappalacrime (A brand new life, I am a dad, Barbie) e film un po' più impegnati (A girl at my door).

A volte capita che ci chiedano quale sia il nostro obiettivo. Siamo 2300, parliamo dei generi più svariati e in redazione abbiamo una lista di richieste chilometrica. Appare chiaro che quello coreano sia un filone inesauribile, perché si tratta di un cinema ancora fresco, permeato di entusiasmo, dove i produttori e le platee non sono solo attratti dagli effetti speciali. Si cerca il divertimento, gli attori e le attrici del momento, ma c'è anche spazio per la sperimentazione, per l'introspezione e per la denuncia.

In definitiva, quello che va per la maggiore su FCI, è il desiderio di conoscere questo mondo lontano e sconosciuto e niente meglio di un buon film, ci permette di esplorare dal basso gli usi e i costumi, i problemi di una società odiata e amata da chi la vive ogni giorno, da chi con quelle ingiustizie deve venirci a patti e cercare sempre il lato positivo.

Così in pellicole come Silenced o Han Gong-ju, abbiamo conosciuto i fatti di una cronaca che non ci appartiene, ma che è profondamente radicata nella cultura e nei suoi difetti peggiori.
In titoli quali The Attorney, The old garden o The man who was Superman, abbiamo vissuto stralci di quella storia recente, che ancora oggi ha lasciato profonde ferite in tutto il popolo coreano.

Questa volta facciamo un passo indietro di oltre mezzo secolo, andando a scavare nella vita di quelli che sono nati in un periodo che per tutti era la fine della seconda guerra mondiale, ma che per la Corea non era che l'inizio di un ventennio di sangue e dolore.

Un tempo in cui si viveva in modo semplice e genuino, che probabilmente assomigliava molto allo stile di vita del popolo che quella penisola la abita da migliaia di anni, ma che improvvisamente andava incontro ad un cambiamento radicale.

Lo sciamanesimo è il campo di battaglia su cui si è combattuta la guerra culturale per uniformare la società coreana moderna alle società occidentali. Un periodo in cui antiche tradizioni sono diventate un fardello scomodo, di cui il governo e la stessa popolazione, hanno cercato inutilmente di liberarsi.

Tratto dall'autobiografia di Kim Geum-hwa, Manshin racconta la vita lunga e complicata di una sciamana, dalla sua nascita, fino al presente, passando per eventi epocali, quali la guerra di Corea, l'avvento del cristianesimo e della televisione.

Un film-documentario a tratti malinconico, a tratti poetico, in cui una regia sapiente mescola immagini di repertorio e filmati d'epoca, ma anche ricostruzioni romanzate capaci di evocare tutto il dolore di questa sacerdotessa/santona/guaritrice che per tutta la vita è costretta a stare in bilico tra il mondo degli umani e una dimensione fantastica popolata di dei e spiriti inquieti.

Una dimensione particolare, perché presente e uguale in molte culture nei luoghi più remoti della terra. Lo sciamanesimo, dalle praterie nord americane, al centro Africa, alla Corea, racconta di un mondo animista, che viene "spontaneo" all'uomo che guardando il mondo, è abituato a formulare congetture, prima ancora di capire il funzionamento delle cose.

Le protagoniste sono tre grandi attrici, che rappresentano le diverse età della Manshin Kim:
Kim Sae-ron interpreta la sciamana bambina, ancora ingenua, ma già vittima di questo suo dono.
Ryoo Hyoun-kyoung è la sciamana ragazza, che spera ancora di avere una vita, un marito, dei figli...
Moon So-ri è la sciamana adulta, bella e saggia, sicuramente carismatica, che pratica i suoi riti in un mondo corrotto dalla cultura dell'immagine.

Una traduzione che ha riunito i quattro traduttori che ci hanno regalato la prima rassegna di FCI: Daesdemona, DeepWhite999, ela, Mac Guffin, a cui va il nostro più caloroso ringraziamento per tutto il lavoro che svolgono senza chiedere nulla in cambio!

TRAMA: Kim Geum-hwa è una bambina che ha delle strane visioni. Ghettizzata dagli altri bambini del villaggio, cresce timida e insicura. Non potendo ignorare i suoi poteri, frequenta una sciamana per "accrescersi" e diventare Manshin Kim (Manshin è il termine di cortesia con cui ci si rivolge alle sciamane). Nel corso della sua vita, scoppiano guerre, cambiano le abitudini, le persone, le città, arriva la televisione e il cristianesimo, ma lei continua con il cuore gonfio di gioia a celebrare i suoi riti di speranza. Una pratica che alla luce della nuova società, suona di volta in volta ridicola, ma spesso anche pericolosa. C'è chi teme il suo carisma e chi lo ridicolizza, ma nessuno riesce a farne a meno...

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Buona visione.


venerdì 27 marzo 2015

I Am a Dad

Cari padri, 
Il film di oggi è del 2011, per la regia di Jeon Man-bae e Lee Se-yeong, entrambi per la prima volta su questo blog, ma probabilmente anche per l'ultima, dato che in due non fanno un regista decente!
Penultimo capitolo della rassegna dedicata a Kim Sae-ron che ci ha accompagnati negli ultimi due mesi, e che ci ha permesso di proporvi ghiotte novità come A girl at my door e Manhole, ma anche di riscoprire qualche vecchio titolo del passato e omaggiarlo a modo nostro, con i sottotitoli dei nostri traduttori.

I am a dad, anche noto con il titolo di I am father, è un film drammatico, spesso incline al melodramma, non senza qualche forzatura stucchevole ed una buona dose di retorica, ma ve lo proponiamo per la presenza della nostra beniamina e perché di film con la mafia coreana e i poliziotti corrotti, non ci stanchiamo mai.

Terzo film di Kim Sae-ron, è anche quello in cui la bambina di Miyang interpreta un ruolo marginale, spiccicando sì e no 4 parole 4 e passando la maggior parte del tempo addormentata o moribonda in un letto d'ospedale.

Una storia divisa in due parti distinte che si svolgono contemporaneamente. Da un lato un revenge movie tra due padri (Kim Seung-woo e Son Byung-ho) che per ragioni opposte, finiscono per rovinarsi la vita a vicenda. Dall'altro, la storia drammatica di una bambina (Kim Sae-ron) con un cuore distrutto da un terribile trauma, che potrà sopravvivere solo grazie ad un atto di estrema generosità.

Notevoli alcune scene di lotta, inseguimenti, sparatorie, incidenti d'auto e altre allegre amenità. Insomma, un film che si fa guardare con piacere, pur non essendo propriamente un capolavoro.

TRAMA: Han Jong-sik (Kim Seung-woo) è un poliziotto corrotto, che fa affari sporchi con una banda di trafficanti d'organi. Per coprire i loro misfatti, non esita a rovinare la vita di tante persone oneste che finiscono in carcere incastrati dalle sue indagini faziose.
Na Sang-man (Son Byung-ho) è un mago molto amato dai bambini che viene incastrato e finisce in carcere. Questo distrugge la sua vita e quella della sua giovane moglie e di sua figlia piccola. Quando viene provata la sua innocenza, l'uomo che esce dal carcere è molto diverso dall'uomo che è entrato...

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sabato 21 febbraio 2015

Barbie

Care bamboline,
il film di oggi è del 2012 e fa parte del ciclo che continua a ripercorrere a ritroso la carriera della piccola Kim Sae-ron. Scritto e diretto da Lee Sang-woo, classe 71, laureato a Berkley (California), per la prima volta sulle nostre pagine. Questo regista non particolarmente prolifico, ha una propensione naturale per i drammi un po' naif, che all'inizio sembrano commedie, ma poi ti strappano il cuore.

Titoli come My mother is a whore, che ti fanno presagire una commediola infarcita di buonismo e invece è il dramma familiare di una madre sessantenne, costretta a prostituirsi per pagare le cure del figlio malato di AIDS. Non esattamente un cinico, ma sicuramente portavoce di una disillusione  sociale. Insomma, preparatevi al peggio!

Barbie è la storia di una triste località balneare, sperduta nella sordida provincia sud coreana, dove una famiglia arranca per via di un padre con problemi mentali, due bambine piccole e un perfido zio che cerca di approfittarsi della situazione.
Dopo un inizio con qualche scambio di battute di una banalità agghiacciante, lo spettatore è cotto a puntino per il colpo di scena finale.

Un film secondo noi sottovalutato, come la maggior parte di quelli che vi presentiamo, tradotto per noi da Mac Guffin, per la quale non esistono nel vocabolario italiano e in quello coreano, abbastanza parole di ringraziamento!


TRAMA: Il sogno di fuggire via lontano, è ragione di vita per la piccola Soon-ja (Kim Ha-ron, sorellina della nostra beniamina), mentre Soon-young (Kim Sae-ron), la maggiore, è già fortemente responsabilizzata e tiene in piedi una famiglia che altrimenti finirebbe per sfasciarsi.
L'arrivo in paese del signor Steve e di sua figlia Barbie, bambina perfettina, ricca e viziata, porterà scompiglio nella comunità, ma accenderà anche le speranze della famiglia, perché questi stranieri americani, sono venuti fino in Corea per adottare una bambina...

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venerdì 13 febbraio 2015

A girl at my door

Cari bambini provenienti da famiglie disfunzionali che trovano riparo da donne single lavoratrici con svariati problemi personali che vanno dalla dipendenza dall'alcol ad altre cose che non vi dico per non rovinarvi la sorpresa,
il film che vi proponiamo oggi è del 2014, scritto e diretto da July Jung, trentaquattrenne con un nome che tradisce la sua infanzia all'estero, forse come Kad, ma con un viso coreanissimo. Nessuno ne sa niente, tranne che ha scritto un film su tematiche così "scomode" da non aver trovato uno straccio di sponsor, finché non ha incontrato il grande Lee Chang-dong, che si è innamorato del progetto e le ha permesso di realizzare il suo film.

Nonostante le amicizie altolocate, il film è stato realizzato esclusivamente con le sovvenzioni statali del Korean Film Council che ammontavano ad appena 300 mila dollari.
Soddisfazione amplificata, quindi, ora che il film è stato un grande successo internazionale, rastrellando premi, tra cui Miglior regia al quindicesimo premio coreano Women in Film e al Buil film Award, nonché un premio al miglior esordio allo Stockholm Film festival  2014 e una marea di nomination come quella Un Certain Regard a Cannes 2014, poi andato all'ungherese White God, ma che ha visto la pellicola omaggiata con tre minuti di standing ovation al termine della proiezione.

Nel cast due grandi protagoniste del cinema coreano contemporaneo: Kim Sae-ron e Bae Doona. Amatissime dal pubblico e dalla critica, lavorano GRATIS. Sì, nemmeno due buoni pasto o un rimborso benzina, ma interpretano i personaggi più intensi della loro carriera. Premio miglior attrice per Bae Doona al festival Golden Roster di Busan e al Hundred Flowers cinese e uno per Kim Sae-ron a Blue Dragon Award.

La storia nelle primissime scene ricorda, probabilmente non a caso, Secret Sunshine. Il fascino di un centro rurale pittoresco, in cui una piccola comunità si tiene in equilibrio precario. Si sopravvive godendo di piccoli piaceri, ma soprattutto ingoiando qualche rospo per il bene della comunità. Piccole cose, come un patrigno violento, una rissa ogni tanto, una simpatica vecchina sboccata che guida ubriaca il suo scooter con rimorchio. La normalità e la moralità vede il suo ago della bilancia spostarsi ogni giorno di più, fino a trovare il suo equilibrio in quella che per uno straniero potrebbe sembrare una situazione insostenibile.

La sensazione di deja-vu è forte per chi ha già visto Bedevilled. La sensazione di sprofondare lentamente in un mondo surreale, ma in questo caso, anche la protagonista e il suo passato fanno la loro parte.

Un film ricco di sorprese e di colpi di scena, di cui naturalmente non vi dirò nulla!
Ringraziamo stavolta la nostra Daesdemona per la traduzione impeccabile!

TRAMA: Lee Young-nam (Bae Doona) è un'ufficiale e istruttore di accademia della polizia. La sua carriera a Seul stava andando alla grande, finché qualcosa l'ha costretta ad accettare un trasferimento in una remota località marina all'estremo sud della penisola coreana. Laggiù incontra la giovane Seon Do-hee, una ragazzina proveniente da una famiglia disagiata che vede nell'agente Lee un punto di riferimento e un'alleata che la protegga nei momenti difficili. Tra le due donne nasce un feeling speciale, ma il perfido patrigno della ragazzina, non accetta di essere prevaricato...

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venerdì 6 febbraio 2015

Manhole

Cari topi di fogna, 
il film di oggi è del 2014, scritto e diretto da Shin Jae-young, regista esordiente, ma già alla guida di un cast importante.
Un thriller si scrive da solo, non è la prima volta che dico questa cosa (credo che valga anche per gli horror e per i porno), ma in qualche modo i coreani danno il meglio di sé in queste pellicole che spesso nelle produzioni internazionali, sono solo dei sistemi facili per spillare due soldini ad una platea annoiata in uno o due fine settimana.

Il thriller ha bisogno di una struttura solida, ma anche estremamente semplice.
Un cattivo, un pazzo-maniaco che è il più forte di tutti e si rialza anche se gli spari nel cuore, qualche vittima innocente, uno scenario gradevole. Manhole ha tutto questo ed anche di più.
Alcune scene epiche, altre un po' eccessive.

In Corea ha fatto centro, qui da noi potrebbe funzionare, se ce lo proponessero. Ha un buon ritmo, un tempismo perfetto, qualche scena da infarto.

Complice del suo successo al botteghino, certamente le due protagoniste: Kim Sae-ron, che ricorderete per A brand new life, The man from nowhere e The neighbor e Jung Yu-mi, che ricorderete per A bittersweet life e Silenced.

Un grazie di cuore al nostro instancabile DeepWhite999 per questa attesissima traduzione!

TRAMA: Un serial killer semina il terrore nella modernissima Seul. Decine di persone scompaiono senza lasciare traccia nel giro di sei mesi. L'uomo si è fatto la tana sotto la superficie della città e domina gallerie dimenticate che si estendono per chilometri. Ogni tanto, come un feroce predatore, trascina le sue vittime dalla superficie nel suo labirinto pieno di trappole, che è anche la materializzazione della sua mente perversa...

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venerdì 30 gennaio 2015

Han Gong-ju

Cari fuggiaschi, 
il film che vi proponiamo oggi è del 2013, scritto, prodotto e diretto da Lee Su-jin. Regista esordiente in una produzione indipendente, ma che inaspettatamente vende una montagna di biglietti e fa incetta di premi in Asia ed in Europa.

Complice di tanto successo, il caso di cronaca da cui è tratta la sceneggiatura: il caso Miryang del 2004. Fermi! Aspettate, non leggete ancora l'articolo. Aspettate di vedere il film e potrete godere di una bella storia, con una struttura che accompagna lo spettatore in una situazione abbastanza intricata e lascia poi ad un sapiente gioco di flashback la ricostruzione dell'incredibile vicenda.
Una trama non lineare, ma che si dipana fluidamente sullo schermo e ci porta anche troppo presto alla fine dei suoi 112 minuti.

La protagonista Chun Woo-he si porta a casa una vagonata di premi meritatissimi e l'onore di altrettante nominations.

Una storia che si prestava a tante scelte "obbligate" e che in molti avrebbero portato avanti in modo da renderla a tutti i costi una storia strappalacrime, invece è gradevole, mai scontata, preferisce le metafore ai fatti, nell'affrontare una vicenda che mette in luce una società apparentemente moderna, in cui vigono ancora antichi pregiudizi misogini e sessisti, tanto radicati da essere propri delle stesse vittime. Non si capisce il motivo per cui questa ragazzina sia in fuga dal suo passato, ma a lei si affiancano personaggi-chiave come l'ex-professore scapolo, sua madre ormai non più giovanissima che paga le conseguenze di volersi rifare una vita con un uomo sposato e la madre della protagonista, che troppo impegnata a gestire il suo negozio e il suo secondo matrimonio, decide di poter fare a meno della sua bambina nel momento in cui più che mai lei avrebbe avuto bisogno. Per non parlare del padre della protagonista... beh, vedrete!

Non mi dilungo oltre, se non per ringraziare il nostro staff di traduttori, composto per l'occasione da Daesdemona, DeepWhite999 e ela.

TRAMA: Han Gong-ju è una ragazzina adolescente che viene accompagnata dal suo ex-professore in una città lontana, per essere iscritta in una nuova scuola. Sistemata provvisoriamente a casa della madre di lui, la ragazza cerca di rifarsi una vita frequentando la nuova scuola e le sue nuove compagne di classe. Ma il passato da cui sta fuggendo, verrà presto a chiederle il conto...

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giovedì 22 gennaio 2015

Marrying the mafia 4

Cari mafiosi,
il film di oggi è il quarto capitolo di una saga che ha riscosso un grande successo in Corea del Sud e su queste pagine: Marrying the mafia.
Anche in questo caso tradotto dalla nostra impagabile ela, che inaugura per noi questo 2015 che in questi primi mesi ci ha visti in altre faccende affaccendati, ma che presto vi stupirà con i progetti che abbiamo in cantiere.

A 5 anni dal capitolo precedente, il produttore Jung Tae-won rompe gli indugi e si posiziona dietro la macchina da presa per la prima volta nella sua vita, per girare un film che praticamente si gira da solo. Raduna il cast (più o meno tutto) e gli ritaglia addosso una storiella per metterli nelle solite situazioni imbarazzanti.

Tutto è iniziato (nel lontano 2002) con una storia d'amore tra il boss della famiglia e una bella tutrice della legge, prosegue con il tentativo maldestro di mantenere la retta via della legalità e non ricadere nelle vecchie prassi da gangster, finchè in questo episodio la famiglia è così ben affiatata e amata dal pubblico, che per far ridere non ha bisogno di altro, quindi si sposta in Giappone per affari e scatta la più elementare delle commedie degli equivoci.

Come abbiamo già detto in passato, questa saga è a uso e consumo coreano, con un umorismo a volte così di bassa lega, che farà sicuramente storcere il naso ai cinefili nostrani, ma - indovinate un po'?- a noi è piaciuta e quindi ve la proponiamo, certi che se lo prendete per quello che è, sarà divertentissimo.

TRAMA: In questo nuovo episodio, i nostri eroi prendono l'aereo per combattere il loro nuovo nemico: un produttore di cibi in scatola che sta spopolando in Giappone con un'imitazione del loro famoso kinchi, il Kimuchi.
Arrivati nell'austero arcipelago nipponico, i sei turisti si fanno subito riconoscere per i loro modi chiassosi da burini coreani, ma nel momento del bisogno sono sempre forti e coraggiosi e sventano una rapina in banca. Purtroppo non capiscono la lingua e abituati a fuggire dalla polizia, si danno alla macchia...

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