sabato 16 febbraio 2013

Birdcage Inn

Care prostitute, 
il film di oggi risale al lontano 1998. Kim Ki-duk al suo trentottesimo compleanno e al terzo film. Due anni dopo, avrebbe fatto il botto su scala mondiale con il suo The Isle.

Se volessimo tracciare una linea tra il primo Kim Ki-duk spiantato e sognatore e il Kim Ki-duk osannato nei festival, passerebbe proprio tra questo film e il successivo.

Non nascondo di essere un suo fan sfegatato. Non sono sempre stato d'accordo con le sue scelte narrative o registiche, ma ogni volta che guardo un nuovo film o riguardo uno già visto, lo paragono sempre a questo.

Birdcage Inn rappresenta il limite in cui la narrazione simbolica e spesso pretenziosamente profetica di Kim Ki-duk, ha raggiunto la sua vetta massima, per poi spostarsi su altri registri narrativi un po' astratti.

Birdcage inn è un film con i piedi per terra, che affascina con la malinconia dei paesaggi postindustriali, con una località turistica tutt'altro che pittoresca e una casa a metà tra il fascino e lo squallore, che però alla fine ti diventa familiare e quando ci ripensi ti viene quasi un senso di nostalgia. Ci porta in questa famiglia disfunzionale e ci coinvolge in questo conflitto crescente, senza però negarci l'illusione di una soluzione possibile e tutto sommato facile da raggiungere. Perché le cose belle spesso sono semplici e alla portata di tutti e lui vorrebbe invitare alla riflessione, come mezzo per salvare l'umanità.

Il sesso è il fulcro di questo, ma anche della maggior parte dei precedenti film. Un sesso venduto e comprato, desiderato ardentemente o consumato distrattamente. Lo stupro è un elemento narrativo costante, quasi un'ossessione, che è costata al regista diverse accuse di misoginia e di aver tentato di sminuire la gravità del reato. Uno stupro spesso con minime conseguenze psichiche e legali, che rende quasi grottesca la redenzione del personaggio. Da Crocodile fino all'ultimo che vi presenteremo la settimana prossima, lo stupro nei Film di Kim Ki-duk ha proprio questa funzione. È una colpa che non può essere cancellata e rappresenta tutto il male dell'umanità. Non è un atto piacevole per nessuna delle parti. Non produce appagamento o felicità. È il punto più basso delle pulsioni umane e del rapporto fra uomo e donna. È un atto sacrilego. Vederci un tentativo di minimizzarlo o addirittura giustificarlo, vuol dire non aver capito un bel cazzo.

Jin-a (Lee Ji-eun) è una ragazzina priva di forme, con un'espressione perennemente triste e rassegnata. Scappa dal suo aguzzino Gecko (Jeong Hyeon-gi), scappa dal mondo intero, ma ovunque cerca riparo, crea scompiglio senza alcuna intenzione.

Hie-mi (Lee Hae-eun) è una studentessa universitaria. La sua vita è facile grazie ai soldi che i genitori guadagnano con lo sfruttamento della prostituzione nel loro motel. Anche lei non è felice. Per lei il sesso è un tabù e questo alimenta il suo conflitto con tutti gli uomini che la circondano. Il suo fidanzato, suo padre, suo fratello. Hie-mi e Jin-a hanno la stessa età e vivono nella stessa famiglia, ma le loro vite sono agli antipodi. Così diverse, eppure così uguali.

Kim si diverte a spargere nelle scene gli elementi che lo ispirano, a partire da quel dipinto di Egon Schiele che Jin-a si porta sempre appresso perché le somiglia. Appare nelle primissime scene ed è un po' una dichiarazione d'intenti. Come l'artista maledetto morto a 28 anni dopo una vita di eccessi e un rapporto controverso con le donne, la società e lo stesso mondo artistico dell'epoca, anche Kim ci offre la bruttezza come elemento liberatorio, lo sguardo impietoso che soppesa la donna come un trancio di tonno sul bancone di un mercato, quel limite tra glamour e pornografia che si fa sempre più labile e l'uso e l'abuso del corpo femminile sottomesso e umiliato. Ma poi la redime, mettendole in mano Norwegian Wood di Haruki Murakami in una edizione dell'epoca in cui essere giovani in Corea era già di per sé un atto rivoluzionario. Un'epoca di proteste e tumulti politici. L'epoca del massacro di Gwangju e della censura.

Girl70 ce lo regala in una traduzione che così accurata non si è mai vista. Se ve lo siete persi, questo è il momento buono per colmare questa lacuna e prepararvi al nuovo film Human, Space, Time and Human di cui parleremo la settimana prossima.

TRAMA: Jin-a (Lee Ji-eun) è una giovanissima prostituta che per cercare di sfuggire al suo precedente protettore, va a lavorare in uno squallido motel in periferia. La struttura, condotta da una coppia con due figli, ha una sola stanza e una sola prostituta. La ragazza porterà scompiglio in famiglia, facendo affiorare desideri morbosi, gesti violenti e conflitti. 

Disponibile su Amazon in DVD sub ENG.
Sottotitoli disponibili nel nostro fansub.
Buona visione.

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